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26 Aprile 2021Cosa fa un editore in una casa editrice?
Cosa fa un editore in una giornata tipo in una casa editrice? Per capirlo abbiamo incontrato il dottor Stefano Giovinazzo, titolare della casa editrice Edizioni della Sera. Con le associate Roma per sempre e Studio Garamond formano un gruppo attivo, propositivo e vivace, sempre alla ricerca di nuove realtà e aperto a nuove idee. Pubblicano narrativa, letteratura straniera e sport.
«L’editore è come l’allenatore di calcio: quando va tutto bene è merito dell’autore, quando va tutto male è colpa dell’editore» Stefano Giovinazzo
Cosa fa un editore? Come si diventa editore?
Quali sono le motivazioni che spingono una persona a intraprendere questa professione?
«Editore si nasce. E si diventa. Per intuito, passione, erudizione e, di questi tempi, costanza. Più che una professione, banale dirlo ma è così, si tratta di una missione. Un lavoro in cui si rischia molto, si lavora sempre di più, si hanno pochissime garanzie ma tanti campi da gestire. L’editore è come l’allenatore di calcio: quando va tutto bene è merito dell’autore, quando va tutto male è colpa dell’editore. Ma ci sta, è il gioco dei ruoli. Scherzi a parte, su tutto vige lo studio senza sosta, la ricerca di testi buoni e di autori brillanti con cui lavorare, uniti a una sana ambizione. Un’ambizione in continuo fermento, mai doma, per cercare di portare quel risultato in più rispetto al giorno precedente. Se dovessi riassumere in breve: una fame perseverante.»
Che cosa fa un editore in prima persona?
E cosa invece delega ai propri collaboratori?
«Che sia un marchio piccolo, medio o grande, l’editore è colui che vede al di là. Che scopre, inventa, sogna, realizza. Nel mio lavoro cerco di non lasciare nulla al caso, la crescita passa dagli errori che commento, solo lì so come posso migliorare. Una professione complicata dove, come sottolineato sopra, più compiti si intrecciano e vanno portati avanti. La gestione di tutto è l’unica cosa che tiene insieme la situazione: la selezione, gli accordi, le soluzioni, le decisioni. E il fattore umano: la motivazione, una spinta quotidiana.»
Che cosa significa scegliere una linea editoriale? È davvero importante tenervi fede?
«Per Edizioni della Sera e i marchi ad essa associati, Roma per sempre e Studio Garamond, è molto importante. Una sorta di patto non scritto con il libraio e il lettore, nonché con la stampa. E, aggiungo, con noi stessi. La linea editoriale che può essere anche interrotta o modificata, ci dice chi siamo e dove stiamo andando. E verso chi. Negli anni abbiamo fatto scelte difficili ma necessarie, ci siamo diretti verso il territorio e verso alcune nicchie di mercato ma, sopratutto, abbiamo osservato, sperimentato, raccolto e analizzato. Siamo in perenne movimento, speriamo sempre di seguire la direzione della nostra linea di condotta.»
Che cosa si aspetta un editore da un autore e, viceversa, che cosa può aspettarsi l’autore da lui? Quali sono le aspettative e i doveri dei due attori di un eventuale contratto?
«Parlo della nostra realtà, ogni situazione richiede conoscenza dell’ambito di azione e delle aspettative che si creano. Nonché degli accordi a monte. Un editore si aspetta sicuramente (si deve aspettare e deve offrire) lealtà e voglia di fare. Il rapporto editore-autore può fare la differenza, un legame professionale a doppio filo che negli anni può raggiungere risultati spesso inaspettati. Un rapporto spesso criticato ma in cui credo ancora molto. Più che dei doveri legali, seppur importantissimi, parlerei di quelli morali: rispetto e collaborazione reciproca.»
Su quali basi e considerazioni viene scelto un testo da pubblicare? Cosa fa un editore, li sceglie in prima persona?
«Un testo, in prima battuta, ci deve appassionare. Scuoterci e farci interrogare, sicuramente non lasciarci indifferenti, nel bene o nel male. Ma il ruolo dell’editore, come dicevo poco sopra, è complicato: dobbiamo ragionare anche, e soprattutto, con la testa del lettore, studiare gli interessi e i trend, azzardare e sperare, sempre fedeli al concetto di qualità editoriale: il “se piace a noi piacerà anche a loro” ci ha sempre soddisfatto poco. Un editore deve immergersi in quello che ha deciso di pubblicare ma poi deve uscirne fuori, ascoltare e vedere cosa ne pensano gli altri e poi tornare a crederci quando è in commercio.»
Che cosa è cambiato nell’ultimo anno nella vita di un editore?
«Il mondo dell’editoria è sempre stato precario da quando ci sono dentro, dal 2007 circa. Senza dubbio la pandemia ci ha ricordato che studiare, stare sempre vigili, non avere certezze di ogni sorta, è l’unico modo per stare sempre in equilibrio. Abbiamo capito, ho capito, che possiamo farcela lavorando meglio di prima: andando al cuore dei problemi, massimizzando le vendite, arrivando alla gente, coinvolgendo i librai e ascoltandoli, avendo fiducia nei distributori, guardandoci negli occhi con il gruppo di lavoro. E, come in ogni cosa, metterci tutto l’amore di cui si dispone. E ancora di più.»
Erna Corsi
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