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“Elegia americana”: Attraverso tre generazioni, la storia di J.D. Vance ci racconta l’America. Dal libro al film su Netflix.
“Elegia americana”, uscito in Italia per Garzanti e definito il volume “che ha rivelato al mondo l’anima profonda dell’America” , è stato un libro-evento. Tratto dal libro di memorie del 2016 di J. D. Vance, Elegia americana è dunque un film del 2020 diretto da Ron Howard (disponibile su piattaforma Netflix).
“Elegia americana”: consigliato anche da Bill Gates
Il romanzo è stato consigliato anche da Bill Gates sul suo blog, che lo considera uno di quei testi che “fa luce sull’enorme divario culturale della nostra nazione, un tema divenuto molto più rilevante di quanto Vance potesse mai sognare mentre scriveva il suo libro”. Era l’epoca delle presidenziali: ai banchi la Clinton e Trump.
“Elegia americana”: la trama del romanzo
Cominciamo dalla trama il nostro viaggio nel cuore degli States, con questo romanzo che è stato un caso nel 2016, alla sua uscita, appena sette mesi prima dell’inaspettata elezione di Donald Trump a presidente. I nonni di J.D. sono giovanissimi, poveri, sporchi e innamorati quando emigrano dai monti Appalachi del Kentucky verso l’Ohio alla ricerca di una vita migliore, all’inseguimento di un sogno.
Un sogno di riscatto solo sfiorato, che noi lettori vediamo attraverso il nipote che, prima di diventare un uomo di successo, lotta con la miseria e la violenza domestica. Madre tossicodipendente – “no, un biberon pieno di Pepsi forse non è l’ideale, per un bambino di neanche un anno” – inadatta alla cura di chiunque, una serie di patrigni nullafacenti, vicini di casa alcolisti che sopravvivono con i sussidi e si lamentano del governo proprio in una zona degli Stati Uniti in cui la disoccupazione è sempre più preoccupante e l’abbandono scolastico è a livelli inaccettabili.

“Elegia americana”: dal romanzo a Netflix, “raccontato l’orgoglio americano”
Ciò che colpisce di questo romanzo è lo sconvolgente orgoglio di appartenenza che traspare da ogni pagina. Sia chiaro: Vance non è generoso con i peccati della sua famiglia e li elenca tutti, ma ci fa percepire quanto la storia che narra non sia un’eccezione bensì la rete comune che unisce tutto quel proletariato frustrato che abbiamo visto emergere dopo che il voto a Donald Trump delle presidenziali di quattro anni fa ha legittimato il loro malcontento paludoso.
“Elegia americana”: biografia di una famiglia americana nell’America di Trump
L’autore ci trasporta, con la sua appartenenza reale, direttamente dentro quella classe operaia di bianchi che un tempo riempiva le chiese, coltivava le terre e lavorava in fabbrica; un ceto sociale che non c’è più da anni, e al cui posto bruciano solo l’acido e la rabbia. Capito questo, diventa evidente come J.D. Vance nel suo romanzo sia il cantore feroce dell’implosione di un’idea, di un sogno che è stato a lungo anche italiano. “Biografia di una famiglia e una cultura in crisi” è il sottotitolo del libro (chissà perché sparito nell’edizione italiana): una specifica davvero preziosa che ci ricorda che, oggi più che mai, sono i valori e i modi di pensare – la cultura nel suo senso più lato – a determinare chi siamo, ma soprattutto chi siamo destinati a diventare. Qui, come nell’America di Trump.
“Sì, sono bianco, ma non mi identifico di sicuro nei WASP, i bianchi anglosassoni e protestanti del Nordest. Mi identifico invece con i milioni di proletari bianchi di origine irlandese e scozzese che non sono mai andati all’università. Per questa gente, la povertà è una tradizione di famiglia: i loro antenati erano braccianti nell’economia schiavista del Sud, poi mezzadri, minatori e infine, in tempi più recenti, meccanici e operai. Gli americani li chiamano hillbily (buzzurri, montanari), redneck (colli rossi) o white trash (spazzatura bianca).”
“Elegia americana” un romanzo anche sull’elettorato che consacrò Trump
Il romanzo esce poco prima della vittoria di Trump , dicevamo. E i due avvenimenti sono inevitabilmente collegati, perché proprio di quegli elettori parla Vance, di un’America che fino alla metà del XX secolo ha goduto di un’economia prospera grazie alla produzione industriale ma che, con la crisi del settore, deve fare i conti per la prima volta con la miseria e la fame. Una situazione che stronca la vita degli abitanti, che obbliga molte famiglie a migrare, proprio come quella di J.D.
Scritto in una congiuntura storica così particolare, questo libro diventa per gli autoctoni, ma anche per noi europei, una guida per capire un pezzo fondamentale e fino a quel momento mai esplicito di un’America che con le elezioni si è scoperta profondamente diversa.
Il memoir di Vance descrive dall’interno una delle comunità bianche, prima privilegiata e prospera ma ormai ridotta a povertà e disperazione, considerata il vero zoccolo duro del presidente uscente. Trump non è mai citato, ma aleggia ovunque: c’è sintonia tra il suo linguaggio rozzo, misogino, arrogante e la quotidianità dell’eterna depressione.
“Elegia americana”: la previsione della sconfitta elettorale di Hillary Clinton
Da dentro il libro, l’attesa della sconfitta di Hillary Clinton è visibile, predetta anche se non esplicitata. Una donna nata povera ma diventata ricca, di città, che non ama la gente perché preferisce i banchieri ai deplorevoli disoccupati che non si vogliono impegnare. Una snob, una liberal, una che vorrebbe togliere agli hillbilly (così si chiama quella comunità bianca) i loro fucili, i luoghi in cui i preti li benedicono e tuonano contro l’aborto immorale.
Così il lettore capisce di essere finito dove si impara fin da piccoli ad alzare i pugni se qualcuno offende tua madre, dove nessun sogno si è mai realizzato, dove le scuole cadono a pezzi, dove l’eroina e gli analgesici hanno sempre avuto un consumo altissimo. Un mondo in cui trovare un colpevole per le proprie miserie e un paladino che in mondovisione urli e faccia bandiera di quello che loro sussurrano soltanto è quanto di più gratificante possa esserci.
Con “Elegia americana” scopriamo l’infanzia dell’autore
La prima parte del memoir racconta l’infanzia dell’autore, cresciuto dalla filosofia dei nonni, che gli insegnano a essere onesto, gran lavoratore, uomo pronto a tutto per difendere l’onore della propria famiglia, anche ricorrendo alla violenza fisica e verbale. Una contraddizione? Sì, una delle molte che il romanzo evidenzia. Vance mostra come, per questa gente, avere un proprio metodo di farsi giustizia non escluda la fiducia cieca nel “sogno americano” e come lui sia riuscito a fuggire da tale mentalità solo grazie agli insegnamenti della nonna che gli ripete che la povertà non giustifica i comportamenti distruttivi, pessimisti e autolesionisti.
Elegia americana”: raccontata una parte della comunità bianca americana
Hillbilly non è solo il soprannome della comunità bianca che vive nella zona degli Appalachi, è un termine con una profonda accezione negativa, sinonimo di rozzezza, isolamento, scarso acume: gli Hillbilly, spiega Vance, sono marchiati soprattutto dalla rassegnazione. Si considerano un mondo a parte: per loro lo Stato e la legge sono estranei, come lo sono i connazionali che non provengono dal loro ristretto gruppo. La violenza bruta è il modo più semplice per farsi valere o solo per sfogarsi, anche all’interno della famiglia, in una paradossale contraddizione fra il culto ossessivo della comunità, la falsa retorica dei legami di sangue e la realtà disperata che i genitori perpetuano, immutabile e rancorosa, per i propri figli.
Quella gente, ci dice Vance sin dall’inizio e senza fraintendimenti, non è sbandata e degradata perché è povera. È povera perché il suo degrado e il suo isolamento culturale livellato costantemente verso il basso non le permettono di adattarsi ai cambiamenti, di cogliere le opportunità. Viceversa si arrocca sulle proprie posizioni, come se la rabbia costante, la disperata alienazione e la frustrazione umiliante dipendessero dal mondo circostante, da altri, non da loro.
Fenomeno sociale ben riconoscibile, in America come qui.
“Elegia americana”: “Hillbilly Elegy” è il titolo del film tratto dal romanzo di J.D Vance
“Elegia americana”, in originale “Hillbilly Elegy”, è il film diretto da Ron Howard tratto dal libro, interpretato dalle star Amy Adams e Glenn Close, distribuito nelle sale cinematografiche solo negli States e, a livello globale, da Netflix dal 24 novembre 2020.
Pur frutto di un bestseller caso letterario internazionale, la pellicola è stata stroncata dalla critica statunitense, che lo ha definito come “ridicolmente orrendo” e “il peggior film della carriera di Ron Howard”.
“Elegia americana”: ecco le considerazione della critica
“Il film non è interessato a indagare nei sistemi che creano povertà e dipendenza e ignoranza; vuole solo mostrare l’abilità di un ragazzo bianco etero di elevarsi dall’ambiente che lo circonda dimostrando che non ci sono scuse per chi non riesce a fare lo stesso”
TheWrap
“Il regista Ron Howard ha realizzato quello che probabilmente è il film peggiore della sua carriera con una trita e banale storia di una famiglia disfunzionale priva di sfumature o normalità. Prende due delle migliori attrici – Amy Adams e Glenn Close – e appiccica loro addosso due personaggi macchiettistici che mettono in discussione perfino il talento di due attrici che sappiamo essere assai talentuose. Nel film non funziona niente, ma strappa risate inaspettate”
Matt Goldberg per Collider
“Elegia americana di Ron Howard è un film brutto, inerte, pieno di cliché e largamente privo di immaginazione cinematografica”.
Barry Hertz del The Globe and Mail
Come sempre curiosi di capire come va il mondo reale e quello della cultura, noi lo aspettiamo con interesse per poterci fare un’idea di prima mano dell’adattamento di un testo tanto discusso, ma anche di come si ponga il pubblico dei due media – libro e cinema – e di quanto la vicenda narrata possa stigmatizzare, anche per la nostra realtà, comportamenti che dovremmo imparare a evitare.
Elegia americana è un film del 2020 diretto da Ron Howard (disponibile su piattaforma Netflix) tratto dal libro di memorie del 2016 di J. D. Vance)
Monia Rota