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Accordi e compravendite con le app di trading , passaparola via social: da GameStop alle criptovalute, i piccoli investitori attaccano. Con quali risultati?
La prima onda ha colpito mercoledì 27 gennaio, abbattendosi sui palazzi in teoria più grandi e più robusti, e causando danni ingenti. Gli edifici più piccoli? Risparmiati. Perché sapevano che l’onda sarebbe arrivata e, anzi, avevano collaborato per generarla.
GameStop e il settore videoludico
Fuor di metafora, riassumiamo l’accaduto come fosse un film proiettato in diretta davanti ai nostri occhi. GameStop, catena di negozi al dettaglio che vende videogiochi e merchandise ad essi correlato, è in crisi da tempo. Nel 2019 ha chiuso 320 punti vendita, nel 2020 quasi 500. Questo perché il settore videoludico vive una trasformazione e punta sempre più sul digitale e sui servizi di abbonamento. Per la stessa ragione anche il mercato dell’usato, per il quale GameStop è un punto di riferimento, inizia a cedere. L’unico prodotto che sembra dare ancora un senso ai rivenditori fisici sono le limited edition dei giochi più prestigiosi, ma non è certo su di esse che si può reggere un’intera catena: si respira aria di fallimento. Dal punto di vista economico, insomma, il valore di GameStop continua a calare, e di conseguenza anche quello delle sue azioni.
Tuttavia, dal punto di vista umano, sociale, diciamo pure psicologico, GameStop ha un valore molto più alto. Nei punti vendita gli appassionati si incontrano, commerciano, scambiano, chiacchierano, interagiscono (pandemie permettendo). E questo, nel nostro film, non è un elemento da poco. Perché quegli appassionati, che a volte sono anche piccoli investitori abituati a trafficare con l’informatica, i social e le app, si rendono conto che alcuni hedge fund (fondi speculativi con grandi capitali, gestiti da assicurazioni o enti privati) hanno brutte mire sulla loro catena preferita: vogliono renderla oggetto di short selling.
Quando un titolo è ripetutamente oggetto di short selling, giorno dopo giorno, il suo valore cala (soprattutto – ma non solo – se i suoi fondamentali, cioè l’insieme dei dati macroeconomici che lo riguardano, sono anch’essi in cattivo stato). Se gli hedge fund, che possono muovere capitali ingenti, decidono che è il caso di giocare allo scoperto, ottengono un duplice risultato: guadagnare sulle transazioni e ridurre il valore dell’azienda, cosicché in un secondo momento sia magari possibile acquisirla, spacchettarla, vendere alcune sue parti o convertirle in attività diverse, insomma svolgere vari tipi di operazioni economiche.
Ricorda un po’ il mestiere di Edward Lewis, il protagonista maschile di Pretty Woman. E il fatto che enti esterni a un’azienda possano influire in modo così radicale sul destino dell’azienda stessa, anche indipendentemente dai fondamentali, è una delle ragioni per cui la grande finanza gode di cattiva fama.
«Allora, cos’è che fai?»
Dialogo fra Vivian (Julia Roberts) ed Edward (Richard Gere) in Pretty Woman, 1990. © Touchstone Pictures
«Acquisto aziende.»
«Che genere di aziende?»
«Aziende che hanno difficoltà finanziarie.»
«Se hanno dei problemi, vuol dire che le compri a prezzi stracciati, hm? […] E tu non produci niente, non costruisci niente.»
«No, no.»
«Ma allora cosa ci fai con le aziende, dopo che le hai comprate?»
«Le vendo. […] Cioè, non vendo l’azienda al completo. La divido in parti, e poi vendo quelle. Hanno più valore dell’intero.»
«Quindi è, tipo, rubare una macchina e poi vendere i pezzi, giusto?»
«Più o meno. Ma è legale.»
Il Mercato finanziario di GameStop
Nel nostro film, succede allora che molti piccoli investitori, guidati da un misto di affetto per la povera GameStop e da un diffuso senso di antipatia per i colossi della finanza (come appunto gli hedge fund) che fanno il bello e il cattivo tempo, si mettono d’accordo e decidono che loro, sui titoli GameStop, giocheranno al rialzo: cioè ne compreranno ancora e ancora, facendo alzare il prezzo e costringendo gli hedge fund, che a un certo momento devono comprarli perché lo short selling li vincola all’acquisto, a sborsare un sacco di soldi e ad andare in perdita; mentre, allo stesso tempo, il fatto che quegli stessi hedge fund provvedano all’acquisto contribuisce a sua volta, in un meccanismo a spirale, a far lievitare il prezzo del titolo: e i piccoli investitori, che all’inizio dell’operazione avevano pagato cifre modeste, si trovano in mano un piccolo tesoro. O anche un grande tesoro, per chi fra loro aveva il potere d’acquisto di comprare grandi quantità delle famose azioni.
I social e le app di trading online, strumenti indispensabili per i piccoli investitori
Così i piccoli si arricchiscono, i grandi ci rimettono (e se hanno bisogno di prestiti per rimettersi in pari trascinano altri grandi con sé verso il basso), le borse impazziscono e l’intero sistema sembra traballare, regalando ai piccoli anche un lusinghiero senso di giustizia poetica. Ma come hanno fatto questi piccoli ad agire in modo così mirato ed efficiente? Con due tipi di strumenti digitali: i social network e le app di trading online. In particolare, si sono coordinati tramite WallStreetBets, il canale finanziario di Reddit, dove gli utenti possono condividere post e scambiare opinioni sul tema della finanza, e lì hanno lanciato l’iniziativa che sarebbe culminata nel gioco al rialzo del 27 gennaio.
L’atmosfera, però, aveva iniziato a scaldarsi già da prima. Ad esempio, questo video è stato caricato sul canale YouTube diWallStreetBets già il 14 gennaio: su una sequenza del film 300, i videomaker hanno apposto scritte in sovraimpressione che descrivono quanto sarebbe accaduto e soprattutto il sentiment alla base dello tsunami finanziario. Gli eroici Spartani sono i piccoli investitori di WallStreetBets, gli aggressivi invasori Persiani sono gli hedge fund (tra cui spicca Melvin Capital), il suono dei corni da guerra è l’apertura dei mercati, la sigla GME è quella che rappresenta il titolo azionario di GameStop, le cifre in verde sono i rialzi… e via dicendo con altri simboli e sottintesi.
Video YouTube:
Dal canale YouTube ufficiale di WallStreetBets, il video che già dal 14 gennaio aveva posto le basi per l’assalto dei piccoli trader avvenuto poi il 27.
Insomma anche YouTube va annoverato fra i social che hanno contribuito all’operazione, senza contare i tanti utenti di Twitter che l’hanno notata e ne hanno aumentato la diffusione e l’appeal.
Gli investimenti dei piccoli risparmiatori avvengono tramite piattaforme di trading online
Gli investimenti dei piccoli risparmiatori avvengono tramite piattaforme di trading online, una delle quali è Robinhood (un nome che è tutto un programma). Quanto ai rialzi “pilotati”, essi non riguardano solo GameStop ma anche, in misura minore, altri titoli: per esempio Amc, Blackberry, Bed Bath & Beyond, Express Inc e Nokia. La povera Wall Street reagisce male, l’indice Dow Jones arriva in un giorno solo a un ribasso del 2% (sembra un numerello, ma per un indice che rappresenta l’andamento complessivo della borsa di New York è tanto). Davanti a scossoni così forti, Robinhood (imitata poi da altre piattaforme) decide di limitare l’accesso alle compravendite dei titoli incriminati, avvisando gli utenti con messaggi laconici e poco dettagliati. È il momento in cui i social, che fino a poco prima mandavano tutti in estasi, diventano pericolosi e vanno arginati. I piccoli trader gridano al tradimento, si sentono defraudati della libertà che le app, fino a quel momento, avevano garantito. Ormai costituiscono una tribù, che adesso rivendica i suoi diritti.
GameStop: tra sociel e app di trading uno tsunami a Wall Street!
Ma è così strano e inaudito che le piattaforme abbiano provvisoriamente bloccato le compravendite delle azioni GameStop?
La narrazione dei social spesso è polarizzata e approssimativa, e questo caso non fa eccezione. In realtà, mettere dei paletti alla “libertà di investimento”, se così vogliamo chiamarla, è una prassi comune nel sistema bancario. Non è una novità che le borse, quando un titolo è soggetto a oscillazioni troppo forti, lo sospendano per eccesso di contrattazione; ciò serve a contenere la volatilità (appunto le oscillazioni troppo forti) del mercato, perché quando diventa eccessiva causa un’instabilità che va a scapito di tutti, dal grande fondo d’investimento al piccolo risparmiatore. Anche il documento MIFID che ogni banca fa compilare e firmare al cliente intestatario di un deposito titoli, chiedendogli di indicare il suo grado di competenza in ambito finanziario, serve a impedirgli di svolgere contrattazioni rischiose per le quali non è preparato a sufficienza.
Qui insomma è dove i social mostrano il fianco, dove gli utenti lasciano prevalere il senso di ingiustizia rispetto a un giudizio più obiettivo. Eppure, due alleati importanti scendono in campo al loro fianco. Anzitutto la deputata democratica Alexandria Ocasio-Cortez, una che i social li conosce bene, per non parlare delle rivendicazioni dei più deboli. Secondo lei, è intollerabile il fatto che le contrattazioni dei piccoli investitori siano bloccate, mentre gli hedge fund possono ancora agire come meglio credono, e la sua notorietà spinge le alte sfere di Robinhood a un ripensamento.
GameStop… e poi arriva Elon Musk: l’importanza dei social
Elon Musk non solo sostiene le tesi di Ocasio-Cortez (inducendo così definitivamente Robinhood e gli altri a tornare sui loro passi) ma, dimostrando anch’egli di conoscere benissimo i social e di essere un influencer di grande potere in quei contesti, giovedì 28 gennaio scrive un tweet in apparenza innocente. Pubblica cioè l’immagine di una rivista fittizia dal titolo Dogue, che fa il verso a Vogue ma mette in copertina un cane. È bastato questo, ai suoi follower, per fare il collegamento con la parola “doge”, una storpiatura della parola “dog”, nata (guarda caso) da un meme divenuto virale sui social, che in italiano equivarrebbe a qualcosa come “cano”. Proprio da “doge” deriva la DogeCoin, una moneta virtuale nata per gioco nel 2014 sull’onda dei BitCoin, il cui simbolo è un simpatico cagnetto di razza shiba inu, che alcuni utenti su Reddit suggerivano di acquistare. E i fan sanno quanto Elon Musk sia un estimatore delle criptovalute (nonché un detrattore dello short selling).
GameStop, trading e Wall Street: Le fluttuazioni
Riavvolgiamo la nostra pellicola. Mercoledì 27 gennaio il titolo GameStop vola alto, giovedì 28 (complice lo stop delle piattaforme) esaurisce lo slancio e precipita fino a –44%. Le borse sospirano di sollievo, la rivolta dei trader ribelli (così li definisce il Sole 24 Ore) sembra essersi rivelata una boutade momentanea. Invece loro si riorganizzano: venerdì 29, avendo le piattaforme sbloccato gli investimenti, il titolo rimbalza ancora (fino a un massimo di +130%) e insieme a lui salgono altri titoli come appunto DogeCoin e un’altra criptovaluta, XRP, che subirà oscillazioni così forti da convincere perfino una piattaforma di trading gigantesca come eToro a sospenderne le contrattazioni. Quanto a DogeCoin, schizzato fino a +932%, il giorno dopo ripiomba grosso modo dove era partito.
Di nuovo, i social e le app (o i siti) di trading online perdono il controllo dei loro stessi utenti, che innescano fenomeni mai visti su un mercato in cui parte degli operatori nemmeno sa cosa sia, una app. Anche la settimana scorsa è stata caratterizzata da movimenti di borsa convulsi, che alzano la volatilità e non vanno sempre e necessariamente a vantaggio dei “piccoli investitori buoni” contrapposti alla “grande finanza cattiva”. Sembra quasi di trovarsi in una vecchia (e meravigliosa) storia Disney, “Paperino e le lenticchie di Babilonia”, in cui gli investitori della Borsa di Paperopoli si muovevano freneticamente a seconda di quello che faceva Paperon de’ Paperoni, senza più ragionare o fare due calcoli.
GameStop: la vicenda sulle prime pagine dei giornali nel mondo!
Anzi, ora che il fenomeno ha guadagnato le pagine dei giornali, è facile che sia soggetto all’intervento di una seconda ondata di utenti decisi a prendere la loro fetta della torta; ma, in queste situazioni, arrivare tardi può significare che ormai i grandi guadagni sono stati fatti (dai primi che hanno avuto l’idea) e che di torta ne è rimasta poca. Per esempio, secondo alcuni quotidiani, dopo GameStop e le criptovalute doveva toccare all’argento: ma il giochino con l’argento ha funzionato poco e male, perché di argento nel mondo ce n’è in quantità enormi (altro che le azioni di GameStop), il che impedisce che il prezzo salga esponenzialmente perché la materia prima non scarseggia mai. E non tutti i piccoli investitori ne sono al corrente.
Rendiamoci conto che le “legioni di imbecilli” cui accennava Umberto Eco non vivono solo su Facebook, Twitter o Instagram, ma popolano anche nicchie di social meno conosciute, all’interno delle quali possono causare danni a se stessi e al prossimo. Cosa succede a un piccolo investitore ingenuo che, preso dall’entusiasmo dei titoloni sui giornali, e sentendosi anch’egli un prode Spartano contro i perfidi Persiani, compra GameStop oppure BitCoin nel momento sbagliato e si ritrova, magari appena 24 ore dopo, con un investimento che ha dimezzato il suo valore? Avere a disposizione una tecnologia veloce e semplice non significa avere la preparazione e le competenze per saperla usarenel modo migliore, basti pensare alla diffusione delle fake news, dei complottismi, del revenge porn, degli hater, in ogni campo: dallo spettacolo ai videogiochi alla politica alla cultura. Davvero pensavamo che l’economia e la finanza fossero un’oasi intoccabile?
Ogni giorno lo scenario continua a cambiare, il film che stavamo guardando non è più uno stand-alone anche se scorrono i titoli di coda. È già in arrivo il sequel.
(Valentina Semprini)